IL CENTENARIO DELLA PRO PATRIA CALCIO

Si avvicina il centenario della Pro Patria Calcio e  Lorenzo Pisani,  con i componenti dell’associazione 100 anni di Pro, Carlo Albè (autore del libro) e Giovanni Castiglioni, hanno ideato ed è in fase di realizzazione il libro celebrativo sulla storia della Pro Patria, prendendo spunto da questo voglio scrivere cosa ha rappresentato e rappresenta per me la Pro.

L’amore per la Pro mi è stato trasmesso da mio padre, e per capire cosa significava per la famiglia Speroni devo ritornare indietro nel tempo: negli anni 40.

La famiglia Speroni era formata da padre, madre e sette figli: quattro maschi e tre femmine. Abitavano in una via adiacente allo stadio e si “mangiava pane e Pro Patria”. Se vinceva la settimana trascorreva felice, se perdeva la settimana passava tra le discussioni: se l’arbitro non fischiava, se tizio non faceva il fallo, l’allenatore ha sbagliato formazione. Poi venne la guerra e tre fratelli partirono per il fronte. Fortunatamente tutti tornarono sani e salvi. Mio padre, che si trovava su un’isola vicino alla Grecia dopo l’armistizio, si rifiutò di passare con i tedeschi e fu mandato in un campo di prigionia in Germania, per questo motivo ritornò qualche tempo dopo e, senza voler enfatizzare, la prima cosa che chiese fu come giocasse la Pro.

Cominciò a portarmi allo stadio quando frequentavo le elementari. Non ricordo un gran che, solo la gran folla e i nomi di alcuni giocatori come Taglioretti, Amedeo, Cavigioli. Un particolare, che non centra niente con il calcio, mi è rimasto impresso. A quel tempo le vie adiacenti allo stadio erano piene di bancarelle e prima di entrare mi comperava un “cartoccio” pieno di profumate castagne. Posteggiava la sua moto nel cortile di mia nonna e seguivamo la fiumana di tifosi che si avviavano allo stadio. Non mancava mai a una partita e quando non giocava in casa andava a Torino a vedere la Juventus.

Poi arrivarono gli anni in cui la Pro incominciò la discesa nelle serie inferiori e lui mi parlava dei giocatori del suo tempo, quando fare il calciatore non era ancora una professione dove ci si poteva arricchire, ma era importante avere un lavoro stabile alla fine della carriera. <Mò ga vué un sacù da dané.> (Ora servono un sacco di soldi)

L’ultima partita che vidi con lui era il 31 Maggio del 1987 e la Pro Patria vinse contro il Treviso tre a due. Al terzo gol mi disse: <A ogni gol a salti in pé cumé un fiò, ma sum vegiu, il prosim ann vidèm.> (Ad ogni gol balzo in piedi come un ragazzino, ma sono vecchio, il prossimo anno ci devo pensare…)

Ho continuato a frequentare lo stadio quasi tutte le domeniche tra speranze e forti delusioni, tra presidenti “buoni”, pochi, e molti affaristi. Ora è tornato il sereno grazie alla presidentessa Testa che per amore della Pro Patria e della città di Busto Arsizio ha riportato la squadra tra i professionisti.

Quale auspicio migliore per i cento anni dell’amata Pro Patria.

DA: informazioneonline