SARAH MAESTRI

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Inizia a studiare recitazione nel 1996 presso la scuola Teatro blu, diretta da Silvia Priori, a Roma per poi passare alla scuola di recitazione Quelli di Grock di Milano(1999). Al contempo studia canto e frequenta vari seminari di recitazione, mimo, pantomima e clownerie fino circa al 2004. Dal punto di vista scolastico, ha studiato presso l’Educandato Maria Santissima Bambina di Roggiano, conseguendo la maturità magistrale e l’abilitazione professionale come maestra d’asilo.

All’età di circa 6 anni debutta in televisione, conducendo un programma per bambini su Odeon TV. Esordisce come attrice in teatro nel 1997 interpretando la piéce Puck, tratta da Sogno di una notte di mezza estate, per la regia di Silvia Priori; per alcuni anni a seguire si esibisce in vari altri spettacoli teatrali, prevalentemente all’interno della provincia di Varese. Nel 1998 fu protagonista di uno spot televisivo contro l’uso della droga promosso dal Dipartimento per la solidarietà sociale, per la regia di Davide Ferrario, mentre nel 1999 interpretò il personaggio Martina Rossi nella soap opera Vivere di Canale 5. Nel 2002 apparve in uno spot promozionale di Italia 1 ed entrò nel cast della soap opera CentoVetrine, sempre su Canale 5, ove interpretò il personaggio di Virginia Forti fino al 2004; per questo ruolo vinse la Telegrolla d’oro 2003 come migliore attrice di soap opera[3][4].

Nel cinema il debutto avviene nel 2001, con il film I cavalieri che fecero l’impresa di Pupi Avati, in cui interpreta il ruolo di Odilia.

I SUOI ROMANZI

La bambina dei fiori di carta 

I fiori di carta Sarah ha imparato a farli nel reparto oncoematologico di pediatria dell’ospedale San Matteo di Pavia. Aveva solo tre anni quando le diagnosticarono una grave malattia emolitica. Da quel momento trascorre gran parte della sua infanzia in corsia dove, pur toccando con mano il dolore, di quei giorni vissuti fra i camici bianchi, in balia di esami, terapie sempre nuove e prognosi mutevoli, Sarah custodisce solo ricordi felici. La malattia, vista attraverso gli occhi di una bambina, si tinge di poetica leggerezza, perde la sua connotazione drammatica per trasformarsi in un gioco. In queste pagine non c’è traccia di sofferenza, il dolore che costella il passato della protagonista, e che torna prepotente nel suo presente, le insegna ad apprezzare ancora di più il “dono” che le è stato fatto, la vita. I ricordi dei giorni in ospedale si intrecciano con i pensieri di Sarah adulta, che sin da piccola coltivava il sogno di diventare attrice. II flusso emotivo, che è la cifra stilistica del romanzo, esplora difficoltà e sfide che questa ragazza si trova ad affrontare sia sul piano esistenziale, sia professionale. Gli anni travagliati della gavetta, un lungo percorso scandito da anni di studio, da un’infinità di provini e viaggi continui, oscillano fra successi professionali e umane delusioni. L’iniziazione di Sarah all’amore si snoda attraverso riflessioni profonde sul significato dell’amicizia, sugli affetti familiari e le sconfitte private collezionate.